IL CANTO DELLA SIRENA

Racconto in concorso

IL CANTO DELLA SIRENA

Di Achille Gaia Monno

La busta rossa era ancora chiusa sul pavimento. Sentivo il picchiettio del coltello di mia madre. «Fai le valigie, Ethan.»

«Mamma» la ascoltavo singhiozzare, mentre la lama graffiava ripetutamente il tagliere. «Tutto questo cibo non serve.»

«Chiamerò la tribù e venderò la casa!» disse lei, con voce stridula. Continuavo ad osservare quel foglio di carta sotto la porta, come se fosse una bomba pronta ad esplodere.

«Sarebbe inutile» la vidi posare il coltello e guardare il vuoto, nell’attesa di una salvezza divina. «Adesso basta» mi alzai dal divano e con uno scatto presi la busta. Un ologramma argenteo iniziò a proiettare le scritte nel vuoto.

Ethan. Età: 15 anni. Numero Prescelto: 52. Residenza attuale: Sirena4

G98 veniva verso di me miagolando, mentre il mio stomaco si aggrovigliava su sé stesso. Iniziai a leggere.

«Sig. Ethan, siamo onorati di informarla che l’intelligenza artificiale Sirena, ha rintracciato in lei ottimi parametri di salute, QI, agilità e valori.» Il forno emanava un odore pungente, che si diffondeva nella casa.

«Ethan, vedo le scritte come te… Non è necessario che tu…» disse mia madre con voce lieve. La interruppi, continuando a parlare più velocemente «È il prescelto numero 52, la prelevazione del suo corpo avverrà alle 17.30 del 9 dicembre 3050»

«Per l’amor di Xat!» lei imprecò contro una sua divinità, accorgendosi del fumo. Anche i robot sembravano impazzire, mentre alzavo il tono della voce. «Dare energia e nutrimento alla città, dare servizio a Sirena è un onore e gloria per ogni cittadino, Usque ad finem.

Post-scriptum: l’importo di 300.00 meta verrà accreditato sul conto della Dott.ssa Dave, tutrice di n 52»

L’ologramma si dissolse e prestai attenzione al riverbero della TV accesa, che promuoveva la Giornata Internazionale della Scienza. «Sembra che non ci andrò quest’anno.» Mia madre si affrettò a spegnere la televisione con foga, ero convinto che l’avrebbe frantumata sul tappeto. Si avvicinò a me, accarezzandomi la chioma disordinata. «Mi dispiace» dissi, mentre l’orologio segnava le 17.28.  L’inquisitore era già seduto in cucina, mentre versavo i croccantini al gatto. «Non ho mai capito perché abbia bisogno di mangiare» disse mia madre bevendo il tè. «Non saprei, dottoressa Dave, lo farà sentire vivo» lui mi guardò ed ebbi la pelle d’oca. Mia madre bisbigliava qualche detto dei suoi avi e richiamai la sua attenzione. «Usa i soldi per tornare dalla tribù, a casa.» Sentii la sua calda mano stringermi le dita ed i suoi occhi ambrati abbracciarmi a sé. «Lo farò…».

La sensazione sparì subito dopo e toccai la freddezza dell’aria, nella stanza rossa. Mi dimenavo nell’oscurità, calpestando i filamenti roventi della coda. Davanti a me si ergeva uno scheletro titanico, immobile. Infiniti cavi lo intrecciavano, collegandosi al nido della città, Sirena 4. I fili iniziarono ad avvinghiarsi alla mia pelle. Il cuore organico di Sirena emanava una luce fioca, mentre tremava d’eccitazione. Le pulsazioni rimbombavano e fischiavano nelle mie orecchie, fino a trasformarsi in grida agghiaccianti. Perdetti i sensi per colpa dei sussurri, la sua sagoma si fece distante e mi risvegliai. Mi guardai intorno con vista sfocata e nella grotta scivolai su un cadavere senz’occhi, sentii sotto di me lo scricchiolio delle sue ossa. Non ci volle molto per vedere la voragine colma di corpi in decomposizione. Quei volti putrefatti erano intrappolati nel suolo ed aggrovigliati in una melma nera… lo stesso colore del cielo in città. La nausea di quel fetore, mi fece vomitare. Il mio corpo era malnutrito, non potevo alzarmi ed ovunque mi girassi, udivo schiamazzi e fracasso. Starnutivo in continuazione per il polline nell’aria. Il cielo era chiaro, disgustoso e tremai accorgendomi che non c’era nulla di tecnologico.

«Numero 52, giusto?»

Mi girai e vidi dei ragazzi venirmi incontro. «Sono morto?» uno di loro scoppiò a ridere tra l’erba color pece. Sputai del sangue. «Per mia madre, l’ultima cosa che vedi prima di morire sono i raggi del sole» dissi indicando le nuvole, mentre la luce mi accecava. Uno di loro, dalla carnagione olivastra, si fece avanti. «Temo tu debba dimenticarla, sarà morta da anni.» Lui mi ascoltò tossire e mi ignorò. «Ci ritroviamo in pochi al progetto Xat» disse guardando la fossa sotto i miei piedi, mentre m’irrigidii al suono di quel nome.  

«Abbiamo indotto la natura ad evolversi contro di noi ed ora ci seleziona. Con la sua calma» continuavo a fissarlo, mentre ringhiavo per i dolori «La natura?!»

«Credo di aver tralasciato una cosa importante Ethan» Il ragazzo si accovacciò, dandomi un panno d’acqua fresca.

«Benvenuto nel mondo reale.»

35 risposte

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