KUMMAKIVI

Racconto in concorso

KUMMAKIVI

Di Maurizio Russo

Il vecchio avanzava a fatica sul sentiero nella foresta, appoggiandosi al nodoso bastone, coperto da un pesante mantello. La terra era ancora umida, fradicia della pioggia caduta durante la notte, e l’unico rumore che si sentiva era prodotto dalle foglie che calpestava. Era autunno inoltrato ormai, e di turisti non se ne vedevano più, per fortuna. Il suo compito di vigilanza poteva svolgersi senza problemi. Arrivò alla radura, dove gli si presentò lo spettacolo che attirava così tante persone. Un gigantesco masso, largo circa sette metri e alto cinque, poggiante in perfetto equilibrio su una superficie rocciosa più piccola e convessa, simile a un tumulo, parzialmente interrata. Un fenomeno incredibile, che la scienza spiegava tramite la geologia, secondo la quale il masso era stato portato lì dai ghiacciai durante l’ultimo periodo glaciale, e quando questi si erano ritirati era rimasto lì, creando quella fantastica struttura. Ma non era andata così, e solo lui, al mondo, conosceva la verità.

Il vecchio girò attorno al Kummakivi – la “strana roccia”, così veniva chiamata dagli abitanti del luogo – e sorrise. Curiosamente, sul masso, da circa trent’anni, stava crescendo un pino, per uno scherzo della natura. Quante persone avevano provato a spostare l’enorme roccia, nel tentativo di farla rotolare giù, dato che il punto di contatto tra i due massi era così piccolo… ma non era possibile smuoverla di un millimetro. Era protetta dalla magia, che nessun uomo avrebbe potuto sciogliere. E per fortuna, altrimenti il mondo sarebbe andato incontro alla fine. Con la mente ritornò ai fatti di undicimila anni prima.

Il Nord Europa era ancora invivibile per gli Uomini, ricoperto com’era quasi totalmente dai ghiacciai, anche se lentamente si stavano sciogliendo. I Giganti diffondevano il Caos, e i Custodi li contrastavano, per ristabilire l’Equilibrio. Ma non si poteva continuare così all’infinito, perciò avevano deciso di affrontarsi in quelle terre disabitate, per stabilire, una volta per tutte, chi dovesse comandare sulle sorti del mondo. Quattro erano i Custodi, e altrettanto i Giganti, ognuno rappresentante un elemento naturale: Acqua, Terra, Aria e Fuoco. Sul piano fisico non c’era paragone: i Custodi sembravano dei semplici uomini, mentre i Giganti svettavano con le loro enormi proporzioni e il loro aspetto orrendo, dotati di artigli e zanne. Ma i Custodi avevano dalla loro una magia superiore, e avrebbero dovuto farne massiccio uso per sconfiggerli definitivamente.

Ognuno cominciò ad affrontare il rispettivo avversario. I Giganti diedero fondo alle loro capacità, per annientare i nemici. Quello d’Acqua provocò un’alluvione; quello di Fuoco, sputò dalla bocca un getto incandescente; quello d’Aria, causò un uragano, e quello di Terra, provocò un terremoto. I Custodi si difesero con degli incantesimi protettivi, resistendo a fatica. Stavano attuando una precisa strategia.

“Fafnir, sai cosa devi fare!” gridò nel tumulto il Custode dell’Acqua.

“No, ne abbiamo già parlato, non lo farò mai!” rispose di rimando quello, che era il Custode della Terra.

“Sai che è l’unica soluzione per sconfiggerli” disse il Custode del Fuoco.

Quello dell’Aria, per convincerlo, aggiunse: “Se non lo farai, il mondo finirà nel Caos, e gli Uomini saranno annientati. È questo quello che desideri?”

Fafnir esitò. Era una decisione davvero difficile, la sua. Per salvare il mondo, avrebbe dovuto condannare i suoi compagni a un oblio eterno. I Giganti, intanto, inconsapevoli di tutto, avevano intensificato gli attacchi. Erano decisi ad averla vinta, per fare del mondo quello che volevano. I Custodi erano accerchiati, ormai, spalla contro spalla. La fine era vicina.

“Fafnir! Devi farlo!” gridarono gli altri tre all’indirizzo del Custode della Terra che, infine, annuì. Non c’era altra soluzione. Gli altri fecero un segno d’assenso, e urlarono: “Ora!”

Fafnir smosse con la magia due enormi macigni, dirigendoli verso la battaglia. I Giganti risero: cosa pensava di fare, quella pulce, con quei massi? Ma non era quella la mossa decisiva. Il Custode della Terra, infatti, si allontanò improvvisamente, e aprì una voragine nel suolo, facendovi sprofondare compagni e nemici. Pose immediatamente sul baratro la roccia a forma di tumulo per chiuderlo, e mise sopra l’altro masso per sigillarlo per l’eternità, e simboleggiare l’Equilibrio che, grazie a loro, il mondo aveva raggiunto. “Addio, compagni” mormorò, tra le lacrime.

Tornò con la mente al presente. Erano passati undicimila anni, ma il Kummakivi era ancora lì, retto dalla sua magia, e dal sacrificio dei suoi compagni, bloccati lì dentro per sempre con i Giganti, per impedirgli di uscire. Controllò attentamente un’ultima volta, ma non notò alcun movimento delle rocce: erano esattamente rimaste nella posizione in cui erano sempre state. Soddisfatto, tornò stancamente alla sua capanna. Il mondo era salvo, almeno per un altro giorno. Ma lui sapeva che, prima o poi, nemmeno il Kummakivi sarebbe bastato, e i Giganti si sarebbero liberati. E, a quel punto, nulla avrebbe potuto impedire la distruzione del mondo.

12 risposte

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  2. Marco Vigorelli ha detto:

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  12. Natascia ha detto:

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