LIBRERIE APERTE DURANTE IL LOCKDOWN: NECESSITÀ O RETORICA?

Il DPCM 10 Aprile 2020 ha dato il via libera per la riapertura delle librerie. Nonostante il lockdown sia stato confermato per quasi tutti i cittadini, gli esercenti e le attività produttive (salvo pochissime eccezioni), per le librerie si è aperto un dibattito molto acceso settimane prima del decreto tra autori, politici e associazioni di categoria, che si è poi tradotto nell’autorizzazione all’apertura.

Trattandosi di dibattito, chiaramente, i vari attori muovevano da posizioni molto diverse e spesso diametralmente opposte: ci sono stati appelli della politica, riassumibili nella dichiarazione di Renzi secondo cui “Le librerie curano l’anima”, comunicati giornalistici come  l’articolo del Manifesto a firma di tantissimi autori, dove si afferma che “Questa condizione di lunga cattività domestica avrà bisogno di conforto culturale e spirituale per essere sostenuta senza crepe e scoraggiamento”, per non elencare i numerosissimi post di Facebook di autori e intellettuali sulla stessa linea. 
Per quanto riguarda le associazioni di categoria da un lato troviamo le dichiarazioni di Ambrosini, Presidente dell’Associazione Librai Italiani, che ne ha fatto una questione di sopravvivenza economica e dall’altro, sul fronte specularmente opposto, la lettera aperta del gruppo LED – Librai Editori Distribuzione in rete, dal titolo Siamo librai, non simboli, in risposta alle dichiarazioni che invocavano la riapertura delle librerie come gesto simbolico per sollevare gli animi.

Per districarci un po’ meglio nel dibattito conviene cominciare con qualche dato: l’editoria esiste e si sostiene in funzione dei lettori, che in Italia sono poco più del 40% della popolazione (dati Istat aggiornati al 2018). Ma come viene definito “il lettore”? Intanto cambiamo il genere e parliamo della lettrice, perché a leggere, sono più le donne che gli uomini, posto questo, la definizione Istat del “lettore” utilizzata per la raccolta dei dati è: chiunque abbia letto almeno 1 libro negli ultimi 12 mesi per scopi non professionali (attenzione che sono quindi inclusi anche i ricettari, i manuali di hobbystica, le guide turistiche, etc…). Ma con un libro all’anno pro capite, e soprattutto considerando che parliamo sempre e solo del 40% della popolazione, le librerie (e le case editrici) avrebbero già chiuso. E infatti la prima cosa che si impara quando si studia o si frequenta un po’ l’ambiente editoriale è che la sopravvivenza dell’editoria (e, conseguentemente, delle librerie) è rappresentata da una piramide rovesciata. Fatto 100 il totale dei lettori italiani (che, lo ricordo ancora una volta, sono il 40% della popolazione) alla base della piramide (che però, essendo rovesciata, è un piccolo triangolino) troviamo i lettori forti, ossia, sempre secondo l’Istat, chi legge almeno 12 libri in un anno che sono circa il 13% dei lettori. Questo manipolo di temerari sorregge il restante 27% di lettori occasionali o comunque meno regolari.
Quindi, ricapitolando e riparametrando le percentuali su tutta la popolazione, in Italia siamo messi così: il 5% degli italiani legge almeno un libro al mese, garantendo la continuità degli investimenti editoriali, il 60% degli italiani non legge (e questo è il dato più sconfortante) e in quel 35% rimanente sta la sfida per librerie ed editori: intercettare queste persone che leggono, seppur poco, e vendergli qualche libro in più.

In questo panorama è scoppiato il dibattito, ma la cosa curiosa è che invece che affrontare la questione da un punto di vista prettamente economico, il confronto è avvenuto su un terreno squisitamente culturale. Si è parlato di libro come pane dell’anima e trasformandolo in bene di prima necessità e si è invocata la magia del frequentare una libreria e la potenza simbolica della scelta di riaprirle.
Se state leggendo questo articolo probabilmente siete degli scrittori o aspiranti tali, ma certamente siete dei lettori, quindi è evidente che fate parte di quel 40% degli italiani per cui la libreria è davvero un luogo magico e la cui riapertura ha realmente un forte potere simbolico, ma ricordiamoci che siamo la minoranza. E ricordiamoci anche che la sopravvivenza di librerie ed editoria si basa sulla vendita dei libri non tanto sulla lettura; o meglio, è chiaro che le due cose sono collegate, per leggere dei libri devo prima comprarli, ma non servo certo io a spiegare che i libri sono stati perfettamente accessibili per tutto il mese di lockdown; esistono gli e-commerce (e non per forza Amazon, molte librerie – anche indipendenti – hanno il loro sito con shop annesso), sono sorte le più svariate iniziative per la consegna dei libri a casa da parte degli stessi librai e in ultimo, ma non per importanza, gli ebook permettono di leggere un numero sconfinato di libri senza muoversi dal divano di casa; perciò, torno a dire, il punto è solo economico, non romantico né, tanto meno, purtroppo, culturale anche perché, come spiega Maggiani in questo interessante, quanto amaro articolo, se davvero ciò che anima questa riapertura è una volontà di aiutare le librerie (e magari promuovere davvero la lettura), andava fatto prima. Inoltre bisogna capire se questo è davvero un aiuto o meno; i librai che infatti si oppongono alla riapertura, oltre che per ragioni di sicurezza relative all’emergenza in corso, ne fanno anche loro una questione economica: riaprire e vedere interrotti i dispositivi che lo Stato aveva messo a disposizione come la cassa integrazione o alcune deroghe su mutui e pagamenti, non sarà affatto indolore perché riaprendo, ripartono tutti i costi vivi che deve sostenere un’attività, a fronte, però, di vendite che sarebbero inevitabilmente molto scarse, dato che non è stata fatta nessuna deroga alla circolazione delle persone.

Il discorso sanitario non è stato toccato volontariamente. NovaEditoria annovera tra le sue fila molti professionisti che non vedono l’ora di aiutarvi, ma nessun virologo o epidemiologo, pertanto non sappiamo giudicare se le misure che stiamo osservano siano adeguate, eccessive o insufficienti, ma il dato di fatto è che esse sono ancora in essere praticamente per tutta la popolazione e la raccomandazione è ancora quella di stare in casa e uscire solo in caso di comprovata necessità. Si deve andare al supermercato da soli, non si può uscire a passeggiare se non restando in un arco di 200 mt. dal proprio domicilio, è stato biasimato chi voleva andare al parco a “farsi una corsetta” e viene disincentivata in qualunque modo la circolazione delle persone anche con l’intervento della polizia.
In questo scenario si è deciso di riaprire le librerie.

Voi che idea vi siete fatti?
Avete una libreria vicino casa? Siete già riusciti a rimetterci piede? 
Anche noi dello staff abbiamo discusso sull’argomento e siamo curiosi di sapere cosa ne pensate voi!

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