FOGLIADARGENTO

Racconto in concorso

FOGLIADARGENTO

Di Vinni Scorsone

Io sono Fogliadargento, figlia della Tifa e del Sole. Non sangue, ma linfa scorre nelle mie vene.

In me il bosco si fa casa, attraverso me il bosco vive.

Io sono Fogliadargento, figlia della Tifa e del Sole, e sto morendo.

I miei capelli si sono fatti bianchi e spenti, la mia pelle è divenuta secca, la mia linfa si sta pian piano cristallizzando e la mia anima ormai è persa. Il mio corpo reclama acqua e aria. I miei polmoni sono stati invasi dall’acre odore di bruciato che mi toglie il respiro.

La ferita dell’inganno è ancora aperta e vivida. Un minuscolo essere mi ha raggirata; una piccola lucciola ha decretato la fine di ogni cosa a me cara.

Tutto, intorno al mio corpo, brucia e urla di dolore si levano alte nel cielo. Gli animali scappano, gli alberi ed ogni pianta bruciano. Gli animali bruciano e gli alberi ed ogni pianta maledicono le radici che li ancorano al suolo. Il fiume si sta prosciugando.

Tutto per un ciottolo, tutto per un regalo, tutto per un gesto gentile. No… tutto per un raggiro, tutto per il potere, tutto per la cattiveria che corrode gli animi e li spinge nell’abisso.

Di quel giorno ricordo ogni mia movenza, ogni odore, ogni respiro. Cristallodacqua è al fiume che gioca tra le correnti.

È bello Cristallodacqua, figlio dell’Acqua e della Luna. Liquido e mutevole, creatura assai fragile e delicata. Egli è il fiume e il fiume è la sua vita.

Mi vede stesa tra piccole piante. Mi specchio nell’acqua, intreccio i miei capelli. Vorrebbe chiamarmi, ma non lo fa.

Sul fondo del fiume c’è un ciottolo rosso luccicante. Non riesco a prenderlo: il fiume è troppo profondo, l’acqua troppo veloce. Il ciottolo sembra leggere i miei pensieri, si solleva dal fondo e si adagia sulle mie mani. Spruzzi e risa risuonano in lontananza. Cristallodacqua! È lui che mi ha fatto quel dono. Lo guardo e stringo il ciottolo a me come vorrei stringere lui, ma l’acqua è mutevole, inafferrabile e lui va via, lontano da me. Il mio cuore batte forte impedendo alla mente di ragionare.

Perfidia, ipocrisia, falsità mi ruotano attorno senza che io me ne accorga. Piante, animali, insetti mi stanno fermando lungo il mio procedere e ognuno di loro vorrebbe quel piccolo tesoro. Rifiuto ogni richiesta poi incontro la lucciola. È brava a parlare, è brava a convincere le persone. Essa insinua in me il sospetto che qualcuno possa rubarmelo, dice di diffidare di ogni creatura e mi convince a nasconderlo in un posto segreto. Indica un piccolo anfratto e lì lo celo per poi andare via. La lucciola, però, torna, lo ruba, scappa via e lo porta a chi non avrebbe mai dovuto portarlo.

Una strana sensazione mi pervade: il ciottolo era divenuto parte di me, il ciottolo era me.  Nel fiume, ogni immagine che si specchia in esso non va persa; viene racchiusa in un sasso, in una bolla, in un granello di sabbia, affinché nulla si perda, nulla venga dimenticato. La mia immagine era stata catturata proprio dal piccolo ciottolo rosso e la mia immagine e la mia anima coincidono: non esiste l’una senza l’altra; scintilla vitale del bosco.

Nascosto nel buio della roccia, Messer Fuoco ha fatto bene i suoi conti. Era rimasto nascosto ad aspettare il momento più opportuno. Doveva liberarsi di me, ultimo scudo inconsapevole posto a difesa di quel regno e la lucciola aveva ben fatto il suo lavoro. La sua fiamma già freme all’idea di annientare, divorare quel piccolo angolo di mondo. Non so perché voglia farlo, forse, a volte, non c’è neanche un motivo per essere crudeli. Lo spettacolo di luci ed effetti speciali deve andare in scena e basta senza ripensamenti, senza remore. Lingue di fuoco devono alzarsi fiere divorando, bruciando, devastando. La lucciola aveva consegnato il ciottolo all’Oscuro Signore della luce, ma ancora una cosa andava fatta affinché tutto ciò che era stato deciso si avverasse. La mia anima, contenuta in quel piccolo sasso di fiume, doveva essere annientata; ogni traccia di me doveva sparire. L’anima, però, è cosa assai complessa e non bastava distruggere il sasso per potersene liberare. La mia immagine (la mia anima) doveva essere cavata dalla roccia, eliminata e solo una persona era in grado di farlo: Cristallodacqua. Povero Cristallodacqua amico ingenuo, gentile e coraggioso. Mi sembra di vederlo… mi sembra di ascoltare ogni discorso. Il fuoco lo manda a chiamare dicendogli che sto morendo. Gli inventa che ho bisogno di ricollegarmi alla mia anima, rimasta prigioniera nel ciottolo, per potere sopravvivere. Il fuoco è menzognero e furbo e la lucciola è la sua degna comare. È lei che insiste affinché il mio amico lasci il suo posto sicuro per venire in mio soccorso, ma lui non può andare, rischia di morire. La lingua però è biforcuta e le parole, se ben utilizzate, piegano ogni volere. Così, per amor mio, abbandona la sua casa e mi viene a cercare, e mi viene a “salvare”. Sta male, arranca tra le radure secche mentre il suolo “beve” la sua acqua togliendogli le forze.

Lo spettacolo sta per iniziare.

La lucciola lo conduce nell’antro di Messer Fuoco. Non mi trova ma il Fuoco gli dice che sono molto debole e sto riposando in un posto sicuro. Lo convince ad estrarre la mia immagine dal ciottolo: lui lo fa. Ha bisogno del suo fiume, per fare ciò, ha bisogno d’acqua, ma l’unica acqua che possiede è tutta in quel corpo di cui è fatto. Il mio volto ora appare in lui, ma il Fuoco è insidioso e quando ciò avviene divampa e arde intensamente e il mio amore evapora nell’aria insieme a me: uniti in un unico abbraccio.

Messer Fuoco ora non ha nessun freno alla sua cupidigia. Solletica l’erba secca, amoreggia con i tronchi caduti e velocemente prende possesso del bosco.

Il vento mi viene a destare portandomi odore di morte. Il fiume è rimasto orfano di Cristallodacqua. Mi specchio nell’acqua che diviene sempre meno copiosa e mi ritrovo invecchiata. Una folata mi racconta ogni cosa e una fitta intensa trapassa il mio costato.

Il fuoco avanza celermente, uccidendo ogni essere vivente. Il cielo è attraversato da nuvole pesanti di fumo.

Alzo gli occhi verso esse e invoco la pioggia affinché ponga fine a tutto quel dolore, ma le mie grida sono troppo deboli per arrivare fin lassù e spesso la pioggia è sorda alle sofferenze del popolo della Terra.

Ho poco tempo da vivere, devo compiere un ultimo viaggio disperato. Raccolgo le mie esigue forze e chiamo il vento di scirocco in mio aiuto. Esso mi avvolge, mi solleva e mi porta verso quella parte di mondo in cui nasce la pioggia. Mi conduce su terreni arsi, montagne brulle, campi verdi, distese marine. Ora siamo lì, dove nasce la notte, dove il gelo pone i suoi confini. Lo scirocco è stanco e mi affida al maestrale che mi porta nei suoi territori. Vette innevate si offrono al mio sguardo. Le nuvole si mostrano a me, imponenti e minacciose. La Pioggia si cela in esse. La cerco nei cumulonembi e nei nembostrati; in alto verso lo spazio infinito e in basso a sfiorare le cime dei monti. Poi, attorno a me rimbomba il tuono. Le gocce mi bagnano il viso e crepitii elettrici accendono il buio.

Lei è lì, sul suo trono di cirri e saette, tempestosa e furente, caritatevole e benevola. Il suo sguardo mi trapassa e la mia bocca resta muta. Le vorrei parlare del mio bosco e di Messer Fuoco, ma nessun suono esce dalle mie labbra. Sono al suo cospetto, io piccola e fragile creatura, lei imponente e magnifica. Per tutto il tempo mi fissa incuriosita, scrutando nei miei pensieri dove si accavallano mille immagini, mille parole. Mi parla senza dire parole. Il mio corpo è in tumulto, in balia delle emozioni. Devo farmi forza. Algida e oscura si alza dal trono. Attorno a lei scariche elettriche saturano l’aria e la sua voce è tuono vigoroso. I miei muscoli sono bloccati in un’astrazione temporale. Nella mia testa un pensiero fisso. I miei polmoni si riempiono d’acqua: non respiro più. Vorrei urlare, pregare, ma lei avanza come tempesta. Cado, vorticando verso il suolo.

Il vento mi afferra giusto in tempo e mi porta in salvo, lontano da quel luogo, lontano da ogni luogo.

Sono ancora stordita, sento la vita abbandonare il mio corpo.

La mia condizione è sospesa.

Da lontano sento arrivare dei suoni indistinti: sembrano urla di disperazione.

Il maestrale mi ha consegnato allo scirocco e questo mi riporta a casa. Ma poi, cos’è casa?

Riesco a mala pena ad aprire gli occhi. Sto volando su rovine e ceneri, mentre il mio bosco continua a bruciare. Tocco il suolo divenuto grigio e guardo la battaglia infinita tra giusti e abbietti.

Le gambe mi cedono e crollo in ginocchio. Dai miei occhi sgorgano copiose lacrime. Delle gocce mi bagnano le mani, ma non provengono da me. Il tuono preannuncia il suo arrivo: mi ha ascoltata ed ha accolto la mia preghiera.

La pioggia arriva furente, scroscia con potenza rabbiosa. Un altro urlo giunge alle mie orecchie ma stavolta è quello di Messer Fuoco. Anche lui sta lottando strenuamente per sopravvivere. Le gocce arrivano rabbiose sul suo corpo inafferrabile, ne minano l’esistenza, lo colgono inaspettatamente. Egli divampa, non si arrende, si nasconde per poi riprendere a bruciare, ma le gocce sono implacabili. Tanto tempo ci vuole per domarlo. Alla fine, di lui, nulla rimane, solamente la desolazione che si è lasciato alle spalle. Una parte di bosco si è salvata, ma quanti morti sono rimasti sul campo! Accanto a me vedo il corpo carbonizzato della piccola lucciola: neanche lei è stata risparmiata dal suo padrone. Ora sono stremata. Il mio racconto è stato vago, forse impreciso. Su di me, il temporale continua ad abbattersi impietoso. Sto morendo. La pioggia mi ha riportato la mia anima, che il Gelo aveva racchiuso in un cristallo di ghiaccio, ed essa si sta ricongiungendo a me, eppure io muoio. Muoio per rinascere insieme al mio bosco e nella mia nuova vita forse ritroverò Cristallodacqua che gioca nel fiume e sarò nuovamente accarezzata dalle sue liquide mani. Il mio cuore, allora, sarà lieve, ma fino a quel momento non mi rimane che attendere in questa bolla di silenzio, protetta dalla morte.