PRIGIONIERI
Di Grazia Sharon Vita
– Il sacrificio è vicino. – Si udì una voce in lontananza. – Tu non sai la verità. – Aggiunse scomparendo nell’eco.
– Fatti vedere – dissi a gran voce ponendo la mano sulla spada che portavo al fianco. Ci fu silenzio e dopo aver guardato tutta l’area sospirai. Pensai a Erik dall’espressione gagliarda, per così poco sarebbe rimasto all’ombra, silenziosamente masticando qualche filo d’erba. Succedeva spesso durante le nostre missioni, ma dopo aver recuperato il ciondolo ci dividemmo a causa della nebbia. Dopo aver ottenuto informazioni, mi recai nelle terre scure, mancava l’ultimo oggetto, la lacurima, non sapevamo il formato ma serviva per depositare tutti i frammenti raccolti se volevamo salvare il regno, dato che i nordici ci attaccarono facendoci perdere ogni cosa.
Era una normalissima giornata autunnale quando mi addentrai in quella terra e dopo aver ottenuto informazioni, mi avviai verso una foresta che mi avrebbe recata ai confini. Vidi subito una ricca vegetazione e l’atmosfera era così rilassante che non mi accorsi che il sentiero si strinse. Dai fiori e cespugli vigorenti a foglie spinose dall’odore pungente fu un attimo. Più avanti trovai colonne di gesso bianco sfumate di marroncino ed osservai, intrigata, simboli e figure che rappresentavano forse un’antica civiltà.
– Calmati Saya, forse l’hai trovata – pensai ad alta voce facendo un bel respiro. Al dir di quella frase sentii un altro respiro: qualcuno mi osservava. Alzai lo sguardo ed era proprio sopra di me. Feci un balzo indietro e presi il pugnaletto che tenevo sull’altro fianco. Era una creatura dagli occhi rossi che assomigliava ad un coniglio bianco.
Ero pronta a colpire, volendo la precisione era da sempre una mia abilità.
– Si fermi regina di Arbath!
Ai bordi del mausoleo apparve una donna dall’aspetto curato con capelli ramati ed un cappello dalle sembianze di un volpino, insieme a lei un bambino dagli occhi color ciano che mi sorrise. Attesi la loro prima mossa.
– Scendi Lala – disse la donna con tono dolce. La creatura scese senza far rumore, leggera. Guardai incuriosita ma non volli abbassare la guardia.
– Come fai a sapere chi sono? – chiesi con diffidenza.
– Il mio nome è Chandra, maga e servitrice sin dalla vostra nascita. Loro sono Grim e Lala.
Si inchinarono.
– Il ciondolo è stato rubato, gettato in un mondo parallelo. “Lei” vi ha già chiamata e vi sta aspettando. Incredula e balbettando dissi che il ciondolo era al sicuro.
– Regina, egli in questo momento è prigioniero.
Mi pietrificai. – Erik è cosa?
Il pugnale cadde e, prima di riprenderlo, restai ad osservarlo con gli occhi soffusi di lacrime. Ripensai a quel giorno quando arrivammo in un piccolo paesino dalla gente pacifica ma terrorizzata da un mostro. Quando gli abitanti videro che eravamo avventurieri, ci supplicarono di aiutarli e accettammo la richiesta. Ci avviammo secondo le indicazioni date e su una collina piena di roveri trovammo questo gigante avvolto da ossa dalla testa tonda piena di punte gommose. Capimmo subito i suoi punti deboli e in un batter d’occhio il gioco ebbe fine. Dai suoi resti prendemmo tutto ciò che potesse rivelarsi utile. Fu in quell’occasione che Erik prese il mio pugnaletto e ci lavorò tutta la notte ornandolo con il bottino preso. Un’impugnatura dalle ossa ben saldate fasciate con del cuoio e dalle spunte giallastre.
Mi sentii con l’animo in subbuglio: volevo andare da lui.
– Chandra – dissi mentre mi avvicinai a lei sfiorandole la spalla. La maga annuì guardando Grim; egli altresì annuì e con un gessetto le disegnò dei simboli sulla mano. La maga si sedette e pronunciò una formula che non compresi. Su quel terriccio asciutto apparve una clessidra ornata da una pietra blu che stava all’apice, all’interno un vortice di polvere azzurrina simile ai frammenti. Ella mi guardò preoccupata. Inclinai la testa. – Questo è Il portale, prima di addentrarvi, ascoltatemi.
Annuii.
– Uomini dai cuori coraggiosi, pur di salvar il regno, sfidarono la loro sorte. Udimmo voci ammalianti.
Con uno schiocco di dita fece apparire una fiammella lanciandola verso il portale. D’un tratto la fiamma squarciò quel vortice di polvere cristallina. Deglutii e mi addentrai, Grim e Lala mi salutarono come un’amica d’infanzia e la maga mi augurò buona fortuna. Sorrisi e andai.
Avvolta dal fumo iniziai a camminare verso l’ignoto fino a udire un canto ammaliante: “Non siamo foresta ma siamo abisso, sarà lei a darci la libertà dopo la verità”. Restai perplessa. Persi la cognizione del tempo finché apparve uno specchio, lungo, bordato in legno dall’aspetto sgranato. Vidi il mio riflesso. Instantemente, apparve il volto di una sirena simile a quelle delle favole, dove i capelli sono rossicci e fluttuanti. Non ebbi il tempo di agire che quella creatura viscida e fredda mi afferrò per la gola. Mi agitai ma uno stridio mi stordì e mi trascinò dentro. Mi trovai altrove. Ciò che vidi fu sconcertante. Lui era lì e lei dallo sguardo soddisfatto allargò le braccia.
– Benvenuta Saya, ti stavo aspettando.
– Maledetta dimmi chi sei – dissi a denti stretti. Una risata risuonò in quel luogo sperduto, dal terreno fangoso emergevano bolle scure e opache.
– Anya – disse mentre le sue labbra si estero fino agli zigomi – regina di questo mondo esiliato da millenni.
– Non so tu chi sia, libera Erik e ridammi il ciondolo.
– Ciondolo? – disse divertita. – Non esiste più. Quell’oggetto era difettoso. Be’ mettiamola così, io ho rubato soltanto la lacurima.
Mi guardai attorno ma non vidi nulla, eravamo solo noi tre.
– Tu menti – dissi osservando i suoi occhi neri.
– Cara Saya, mi deludi, i tuoi occhi azzurri traspirano paura, non puoi competere contro la regina degli abissi. Aaah – disse quasi sospirando. – È proprio davanti a te. La chiave che distruggerà questo sigillo che mi incatena e che distruggerà te. È proprio lui
– Erik – urlai.
Sguardo assente, un corpo senza anima, non mi guardò nemmeno, stava lì seduto, forse ignaro di tutto per via di qualche incantesimo. Insistetti e mi avvicinai richiamando la sua attenzione. Mi guardò dal basso, sorrisi ed una lacrima mi bagnò la guancia. I suoi occhi verdi adesso grigi ed il corpo avvolto da piccole folate come ombre, ebbi paura. L’ennesima risata rimbombò in quell’aria torbida.
– Ti diverti Anya? –
Gli lanciai uno sguardo di sfida e impugnai la spada. Anya scosse la testa.
– Non puoi combattermi Saya – aggiunse mentre gli uscivano degli artigli dalle spalle fino alla testa. – Hai già perso questa battaglia. Mi rettifico: hai perso lui, l’uomo per cui vivi.
Mi sentii disperata e analizzai i fatti. Il ciondolo era distrutto e lui era la chiave, ma qualcosa non tornava. D’un tratto capii e sentì un dolore nello stomaco, provai la stessa sensazione quando in una missione venni trafitta da un solo pugno. Iniziai a cianciare: – Lui sarà il sacrificio sì, ma ti mancano ancora gli ultimi due frammenti.
Sbuffando e blaterando che stessi perdendo tempo, Anya si sedette con una certa eleganza su una di quelle bolle viscide e schioccò la lingua. Diedi uno sguardo alla clessidra.
– Anche se ci provassi, ormai è tardi: morirebbe lo stesso.
Quelle parole mi fecero gelare il sangue.
– Puoi andartene da sola, ma puoi poiché i tuoi amici ti aspettano. Lui resterà e diverrà il recipiente perfetto. Forse non lo sai, ma non ho bisogno dei vostri frammenti, puoi tenerli.
– Infame! – Strinsi i pugni scalfendomi con le unghie. – Non lo lascerò!
Le passai davanti, volevo attaccarla ma andai vicino a lui. Abbassandomi lo sfiorai con la speranza di svegliarlo. Quel fumo di cui era attorniato si compattò e mi attaccò, facendomi cadere di schiena. Ovviamente, la risata non poté mancare. La ignorai. Ci volli riprovare, ma le ombre mi colpirono in modo continuo facendomi urlare dal dolore. Lì Erik mi guardò e sorrise. Alzò una mano e assorbì tutte le ombre, lasciando una scia quasi dorata.
Anya osservò infastidita.
Posò le sue mani sul mio viso tornando in sé, una luce bianca uscì dai nostri corpi, l’affanno prese il sopravvento e capii che avevo perso ogni cosa. Anya si alzò di scatto.
– I due ultimi frammenti – sussurrò. Arrabbiata, emise uno stridio da far tremare terra e cielo.
– Saya – urlò. – Dovevo eliminarvi subito, piccoli rifiuti inerti!
Spine e fruste appuntite uscirono dal suo corpo e si scagliò ferendomi una spalla. La bloccai con la spada. Era forte e continuammo così per un po’, poi un altro attacco questa volta più potente. Mi guardai attorno cercando protezione e guardai Erik che annuì e usò i frammenti custoditi formando una prigione e incatenandola. Anya fu colpita dalla sua stessa magia, dissolvendosi nel nulla. Di lei restò solo una corona sottile; brillava quasi incandescente con tre spine coordinate e intrecciate tra loro. Il silenzio calò e ci guardammo.
– Saya, cara amata, quando venni in questo mondo appresi molte cose. Il regno degli abissi non sparirà finché ci sarà un’anima vagante. Perdonami se non ti ho mai detto che l’ultimo frammento dormiva in me, avevo paura. –
Non reagii, sentivo di svenire.
– Anch’io sono un frammento – sussurrai.
In quell’attimo Erik mi guardò con un sorriso bellissimo. Piansi dicendo che il regno era salvo. Dovevo comunicarlo a Chandra ma non volevo tornare sola. Ma una cosa potevo ancora farla. Presi la corona che giaceva a terra e quando mi urlò quel “No” capii che era la scelta giusta. La indossai e fui avvolta da quella striatura dorata. Cambiammo aspetto, capelli argentati posavano tra la corona di spine e i miei occhi divennero bui come l’abisso; il suo volto divenne come la morte raffigurata nei libri illustrati. Ci guardammo e sfiorandomi mento e labbra con la sua mano ormai ossa come un ramo intrecciato, bisbigliò: – Siamo frammenti e siamo anima, lontani non saremmo mai e il nostro amore platonico vivrà per sempre. Dunque, come si fa a dirsi addio?”
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Bellissimo testo, senza parole. Complimenti!!
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