BRUNILDE

Racconto in concorso

BRUNILDE

Di Irene Giacomelli

«Coraggio, Brunilde! Ripeti le ultime due strofe della poesia» esclama la mamma.

«Va bene, poi però andiamo in biblioteca a scovare qualche altro libro sui Vichinghi!» chiede Brunilde.

«Promesso!» garantisce la mamma.

«Ma i sogni, i ricordi, le gaie illusioni / Queste mie cose dove le metto? / Mettile via, nel secondo cassetto, / e quando ti va ne senti il bisogno / allunga la mano e accarezza il tuo sogno. Gina Bellot.» ripete con decisione Brunilde e fugge in camera a prepararsi per uscire.

Si guarda allo specchio e immagina sulla sua testa una tiara con luminose pietre preziose.

La mamma, invece, rimane immobile sul divano perché la sua mente le ricorda qualcosa proprio riguardo al “secondo cassetto”. Come le storie sui Vichinghi erano sopite, così questo ricordo che, piano piano, riaffiora nitido.

«Ma certo, nonno Erik. Il secondo cassetto del mettitutto di nonno Erik. Dopo l’incidente, me lo sono dimenticato» sussurra Astrid.

«Brunilde, cambio di programma: non andiamo in biblioteca, ma a casa di nonna Freya e, per la precisione, in cantina.».

Concentrata nella comunicazione, non si accorge che la figlia è sotto il suo naso: «Non urlare, mamma, sono qui. Pronta per un’altra avventura delle tue».

«Delle nostre! Dammi il cinque, Brunilde!» esclama Astrid.

Astrid è una mamma premurosa ed energica, insegna lettere alla scuola media e si appassiona a tutto quello che legge, studia e scopre; Brunilde è una bambina curiosa, molto attiva, saggia e coraggiosa; ha solo sei anni, ma sa il fatto suo! Vivono in una graziosa casetta in campagna, vicino ad un magro torrente, ai limiti del bosco, in una cittadina di periferia, in compagnia del padre di Brunilde, Bjorn, letteralmente assorbito dal lavoro. Sono membri della famiglia anche due gattine e una maialina d’India a pelo lungo che, all’occorrenza, diventano draghi, nemici e navi, durante il gioco preferito di Brunilde: fare la vichinga.

È sabato mattina e sono le nove. Percorrono in auto i dieci chilometri che le separano dalla meta, in silenzio, apprezzando nei capelli e sulle guance il vento che invade il vecchio chiassoso maggiolino cabrio.

Arrivati, Astrid infila la chiave nella toppa e chiama a voce alta nonna Freya, con difficoltà di vista ma con l’orecchio sensibile al minimo rumore.

«Nonna, siamo Astrid e Brunilde, buongiorno!»

«Dove sei nonnina bis?» esclama la bimba, cercando una risposta nella voce melodiosa della bisnonna.

«Sì, carine, venite, sono in salotto: stamani gli uccellini che abitano sul grande platano hanno intonano un meraviglioso concerto. Mi tengono una gran compagnia, sapete!»

«Siamo felici che tu stia bene. La mamma è uscita?»

«Sì, è andata a fare qualcosa, non ricordo…»

Brunilde ripete alla nonna bis la poesia appena imparata con la mamma, perché sa che le piace ascoltare la sua voce, ma non si immagina la sua reazione: bisnonna Freya stringe forte a sé Brunilde e si commuove.

«Astrid, ecco la chiave» sussurra nonna Freya con la voce gonfia di lacrime, porgendo il piccolo oggetto che tiene appeso ad un braccialetto del polso sinistro; poi, aggiunge: «Sapete come fare?».

«Nonna, ma tu ci puoi aiutare?»

«Certo, Astrid cara, tua mamma non c’è!»

«Cosa succede?» esclama Brunilde.

Bisnonna Freya spiega e risolve anche molti interrogativi che Astrid continua a porsi da anni. «Nonno bis Erik non aveva solo la passione per i Vichinghi, ma era sicuro di esserlo. Aveva compiuto numerose ricerche e viaggi esplorativi, anche in solitaria, per confermare i suoi studi e le sue ipotesi, finché un imprevisto, vicino al sito di Gamla Uppsala, ce lo ha portato via.»

«Allora non era un incidente d’auto… Ecco perché la mamma ci ha proibito di andare in cantina e di parlarne!» esclama Astrid.

«Non è stata colpa di Erik. Ero lì con lui. Stava leggendo delle rune, quando una luce lo ha raggiunto e lo ha dissolto in pochissimi attimi. Aveva scoperto qualcosa. Poi è sparito… ma io non ho mai potuto indagare, tua mamma non voleva.»

Non c’è tempo da perdere. Suggerisce alle nipoti di scendere in cantina e illuminare la parete sotto la piccola finestra; svela la posizione del mettitutto di Erik: dietro un vecchio tappeto. Le invita ad aprite il secondo cassetto con delicatezza e prendere tutto quello che c’è, sia nel doppio fondo, sia nei reparti nascosti.

«Portate via ogni cosa. Una volta a casa vostra, esaminerete tutto con calma.»

Astrid e Brunilde seguono pedissequamente le istruzioni di bisnonna Freya. La salutano e se ne tornano a casa col prezioso bottino. Durante il viaggio, mamma e figlia riflettono e parlano di quanto era successo e Astrid svela alla figlia le sue conoscenze vichinghe. Astrid si ricorda che suo nonno Erik era convinto di essere componente di un’illustre discendenza vichinga. Non era l’unico: apparteneva a una specie di setta. I discendenti di quelle famiglie li spingevano ad attribuire ai figli un nome vichingo e ad assegnarglielo al nono giorno dalla nascita, secondo l’antica usanza; ma anche a sposarsi tra famiglie di chiare origini vichinghe e a continuare a raccogliere informazioni per giungere alla verità.

Tyra, la mamma di Astrid, era stata informata e cresciuta imparando la storia e le usanze antiche di quel glorioso popolo; divenuta mamma, aveva assegnato ad Astrid il nome della dea della bellezza, ma poi aveva maledetto i Vichinghi, la mitologia norrena e tutte quelle sciocche storie, dopo la morte del suo carissimo padre.

«Mi ricordo» dice Astrid «che il giorno dopo il funerale di nonno Erik, la mamma e la nonna discutevano, alternando promesse, pianti, desideri e sofferenza. Mamma imponeva di non parlare più di simili argomenti, soprattutto con te, e nonna sosteneva che il nonno non fosse morto ma fosse in viaggio. Si accusavano di pazzia a vicenda: mamma era vinta dalla paura (e lo è ancora), nonna vuole cercare la verità.»

«E noi le aiuteremo» esclama Brunilde ottimista e motivata.

«Come possiamo? Ti devo proteggere» risponde incerta Astrid.

«Dov’è la mamma coraggiosa che conosco?»

«Non lo so. Fammici pensare…»

Il viaggio prosegue in silenzio. Arrivate a casa, svuotano le borse riempite frettolosamente con il contenuto del secondo cassetto e iniziano a osservare quella meraviglia: a colpo d’occhio, individuano disegni, buste, lacci di spago, bussola, pietre, ceralacca, lettere, appunti, mappe, sacchettini di iuta, fagotti di stoffa annodati, taccuini.

«Da dove cominciamo?» chiede Astrid.

«Dall’albero genealogico.»

«Sicuramente nonno Erik ce lo ha lasciato, qui, tra i suoi appunti.»

«Allora, dal significato del mio nome, mamma!»

«Brunilde era la più bella delle Valchirie, le vergini-guerriere che sceglievano i migliori soldati perché morissero con onore in battaglia. Siccome era anche testarda, orgogliosa e ribelle, il Re Odino la costrinse in un castello di scudi circondato dal fuoco.»

«Morì?»

«No. Sigfrido, un eroe di stirpe divina, la salvò e i due si innamorarono e…»

«E i due piccioncini vissero felici e contenti, come sempre, bleah, non mi piacciono queste storie sdolcinate.»

«Mi vuoi ascoltare, sotuttoio

«Scusa…»

«Brunilde gli ha insegnato il segreto delle rune e la saggezza a esse legata. Poi, però, ci ha messo lo zampino il mago Hayen, geloso di Sigfrido. Di nascosto, mise un filtro d’amore nel bicchiere di Sigfrido che si innamorò perdutamente di Crimilde.»

«Ma questa è peggio di una telenovela!»

«La mitologia è affascinante, perché ricca di colpi di scena! Ma non finì lì. Sigfrido, inconsapevole, riuscì a far sposare Brunilde a Gunther, il fratello di Crimilde. Brunilde finse che le decisioni prese per suo conto la accontentassero e celebrò il matrimonio, tramando vendetta: rivelò al mago Heyen il punto vulnerabile di Sigfrido…» ma una voce melodiosa interrompe Astrid.

«Sigfrido era invincibile perché si era bagnato del sangue del drago Fafnir che aveva ucciso in una delle sue imprese, ma Brunilde rivelò che la spalla sinistra, coperta da una foglia, era il suo punto debole.»

«Nonna bis, come sei arrivata?» chiede con gioia la nipotina. Ma Freya continua:

«Solo dopo che Sigfrido fu ucciso con una freccia dal mago, Brunilde seppe dell’inganno. Disperata, si distese vicino al cadavere del suo innamorato, adagiato su una pira funebre e si trafisse con la spada, chiedendogli perdono.»

«Odino accolse tra le sue braccia gli spiriti dei due innamorati che vissero per sempre uniti nel Walhalla, la residenza degli dei» conclude Astrid.

Nonna Freya spiega di essersi fatta accompagnare dal suo vicino di casa, dopo che mamma Tyra le aveva telefonato dicendole che avrebbe tardato.

Le tre leggono, ascoltano, ipotizzano, discutono perché vogliono dimostrare che nonno Erik è ancora vivo, intrappolato in una dimensione parallela a causa di un potente incantesimo divino. Brunilde legge, in silenzio, l’ultima pagina del taccuino, poi la ripete a voce alta, attirando l’attenzione di Astrid e Freya: «Yule, 2016 Advaranautr».

Bisnonna Freya sussulta e si porta le mani alla bocca, silenziosa e immobile. Le nipoti si affrettano a rassicurarla e le chiedono come stia, ma lei non parla.

Astrid pensa di lasciarla tranquillizzare per qualche minuto e riprende a leggere quella scritta, ma la nonna la interrompe, avvertendola di non pronunciare quella parola.

«Nonna, spiegami, per favore, così spaventi me e Brunilde.»

«Mamma, io non sono agitata, ma eccitata!»

«Erik aveva trovato l’anello magico del nano Andvari. L’anello era prezioso perché rinnovava ricchezza al suo possessore, ma…»

«Il nonnino bis era diventato ricco?»

«No, purtroppo» continua la bisnonna, «il nano, dopo che Loki gli aveva rubato l’anello, lo ha maledetto e tutti i futuri proprietari avrebbero subito una terribile rovina. Erik sapeva troppo.»

Astrid prende in mano la situazione e propone: «Nonna, prima che mamma torni, ti riporto a casa. Abbiamo bisogno di tempo. Noi ci spostiamo nel mio studio e continuiamo le ricerche da lì. Ci terremo aggiornate. Se avessimo bisogno di te, ti chiameremo e cercheremo una scusa per farti portare qui.» «Abbiamo il nonnino bis da riportare a casa!» esulta Brunilde.

Una risposta.

  1. Giorgio lorusso ha detto:

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