LA STREGA SENZA ANIMA

Racconto in concorso

LA STREGA SENZA ANIMA

Di Laura Zanin

La biblioteca comunale era il centro di ritrovo preferito di noi ragazzi del paese. Era situata in una zona perfetta: nella piazza dove, quando non facevano il mercato del venerdì, i ragazzi sfrecciavano con le bici e si sedevano nella zona verde e mangiare il gelato di Anita Granita, la gelataia migliore della zona. C’erano anche il bar Gardenia con i vecchi del quartiere che giocavano a carte, una parrucchiera, un’edicola e una pizzeria napoletana.
Io e le mie amiche andavamo sempre in biblioteca. Ci consideravamo le bambinepopolari della scuola, quelle che tutti vorrebbero avere come amiche o fidanzate.
Il mio gruppetto dell’epoca era composto da Margherita, Laura, Elena e io. Io ero il capo, quella con più sale in zucca e leadership. Margherita e Laura erano – e sono tutt’ora – mie amiche e mi sostenevano in ogni mia follia. Infine c’era Elena, la più odiosa. Le permettevo di stare con noi solo perché i nostri genitori erano amici di vecchia data ed eravamo cresciute insieme. Elena aspettava sempre che facessi un passo falso e cadessi dal trono, così da prendere il mio posto e diventare la più popolare delle quattro.
A parte la presenza della serpe, il nostro era un bel gruppo. Ricordo che passavamo dei bellissimi pomeriggi a giocare, a studiare o, la nostra attività preferita, spettegolare.
D’estate ci riunivamo spesso tra gli scaffali della biblioteca. Era un luogo fresco, la bibliotecaria era una vecchia sorda che non sentiva nemmeno se le urlavi all’orecchio e c’erano dei libri davvero interessanti e divertenti. Avevamo fondato un club del libro esclusivo e inventavamo storie di principi azzurri e principesse da salvare.
Quei pomeriggi passati in biblioteca per me erano momenti speciali perché mi divertivo e stavo con persone che mi volevano bene. Non pensavo a niente di brutto: alla scuola, alla gravidanza della mamma, all’assenza di papà e alla malattia del nonno. Ero solo una ragazzina che faceva casino con le amichette tra libri polverosi e dimenticati.
Quel posto era il mio piccolo rifugio. E lì conobbi la Strega senza anima.

Era una afosa giornata di agosto quando io e le mie amiche trovammo il libro.
Eravamo appena tornate tutte dalle nostre vacanze in famiglia. Io stavo raccontando delle escursioni in barca nel mar Ionio, Margherita e Laura mi guardavano entusiaste mentre Elena sembrava più interessata a ciò che c’era intorno.
Ad un certo punto si era alzata ed aveva preso un libro. Era piccolo, con la copertina viola e dei disegni geometrici neri. Il titolo, ricalcato con un carattere antico, diceva Il libro delle maledizioni.
«Secondo voi chi ha messo un libro del genere nel reparto bambini?»
Laura era rabbrividita. «Forse la bibliotecaria si è sbagliata».
«Saranno stati i ragazzi più grandi a mettercelo così da spaventarci» aveva risposto Margherita, che odiava i ragazzi delle medie più di ogni altra cosa.
Elena mi aveva guardata. Un lampo di cattiveria le aveva attraversato gli occhi e seppi che stava per proporre qualcosa di cattivo. «Perché non lo leggiamo?»
Laura, che era la più fifona, si era subito tirata indietro, Margherita aveva scrollato le spalle. La decisione spettava a me. L’orgoglio aveva avuto la meglio sulla paura.
Avevo aperto una pagina casuale. Sulla pagina a sinistra c’era il disegno realistico di una donna senza volto che, con le mani ossute, staccava la faccia a una donna.
Laura si era coperta gli occhi, Margherita aveva arricciato il naso mentre Elena era rimasta impassibile. Non volevo leggere nemmeno io quella storia, con quel disegno così inquietante. Più lo fissavo e più mi sembrava di sentire le urla della vittima.
Avevo lanciato uno sguardo di sottecchi a Elena. Mi guardava in attesa con occhi da cerbiatta. Sapevo bene che dietro la sua maschera di dolcezza c’era una strega perfida. Probabilmente quello non era nemmeno il suo vero volto, ma lo aveva rubato a un’altra bambina, proprio come nel disegno.
Mi ero schiarita la gola e avevo iniziato il racconto:

«C’era una volta un villaggio posto in prossimità delle porte dell’Inferno. Era circondato da mura altissime segnate da simboli di protezione contro i demoni. I suoi abitanti vivevano con la sicurezza che essi non avrebbero mai permesso l’accesso a un demone. Ma gli abitanti del villaggio non sapevano che, durante le eclissi di luna, i simboli si indebolivano.
All’Inferno vivevano creature infime e terribili. Tra queste, vi era una strega senza volto né anima. Una sera, durante un’eclissi di luna, la strega riuscì a varcare le porte dell’Inferno ed entrò nel villaggio. La strega aveva fame di emozioni e di vita, perciò vagò indisturbata nel cuore della notte alla ricerca di cibo.
Le porte delle case del villaggio erano chiuse a chiave e i suoi abitanti dormivano ignari del pericolo. Solo una porta era aperta e la strega entrò nella casa della vittima.
Vi abitava una famiglia onesta e laboriosa, l’uomo era un calzolaio mentre la moglie una sarta. Dormivano quando la strega entrò nella loro stanza.
L’essere poteva fiutare la vita nel corpo della donna. Le si avvicinò e con le sue lunghe dita le staccò il volto, mangiò i suoi occhi e la sua lingua, indossò il suo volto e le succhiò l’anima dal corpo.
Il giorno dopo la strega aveva preso il posto della vittima. Nessuno si accorse del cambiamento. Gli amici continuarono a frequentare la famiglia, i clienti a rivolgersi a lei e il marito ad amarla. Solo i figli si accorsero che lei non era la vera mamma perché il loro cuore era ancora puro e i loro occhi erano ancora capaci di vedere oltre le apparenze. Nonostante i loro sforzi per avvertire tutte le persone del villaggio, nessuno ci credeva.
I bambini andarono dalla maga del villaggio per chiedere aiuto. La donna disse loro che per salvare l’anima della madre dovevano agire prima della prossima luna nuova, tra tre giorni. Consegnò loro delle catene d’argento e una pozione di erbe magiche. Disse loro che dovevano far bere la pozione alla strega così da indebolirla e dovevano legarla con le catene. Infine dovevano pronunciare un incantesimo che avrebbe separato l’anima della madre dalla strega e l’avrebbe rispedita nel suo corpo originale. Consegnò anche un coltello di quarzo con cui avrebbero dovuto staccare gli occhi, la lingua e il volto della madre e un filo di crine di unicorno per ricucirli al corpo originale. Infine, per rispedire la strega all’inferno avrebbero dovuto darle fuoco.
I bambini misero in atto il piano la sera della luna nuova.
Le mescolarono la pozione nella zuppa e aspettarono finché la strega non si addormentò.
La legarono con le catene d’argento e con il coltello di quarzo le strapparono gli organi rubati. Pronunciarono la formula magica per separare l’anima della madre e a quel punto la strega si svegliò. Riuscì a liberarsi dalle catene e attaccò il primo fratello, che morì dopo che gli fu strappato il cuore. Il secondo fratello lottò contro di lei e quando pensò che tutto stesse per finire venne salvato dal corpo martoriato della madre. La strega venne pugnalata al cuore e il padre, svegliatosi dalle urla, arse il suo corpo.
Nonostante la perdita del primo figlio, il resto della famiglia si salvò e riuscì a salvare il villaggio prima dell’alba.
Ma la strega senza anima è un essere senza tempo e con un’infinita pazienza. La strega senza anima ha fame e attende la prossima eclissi di luna per banchettare. Solo che questa volta la strega senza anima non si farà sfuggire la sua preda.
State attenti, bambini, perché dietro i volti dei vostri genitori potrebbe nascondersi una creatura infernale!”

Un silenzio di piombo era sceso tra di noi. Non si sentiva neanche la bibliotecaria urlare al telefono. Era come se qualcuno avesse spento l’audio.
Laura era sbiancata. «Che-che razza di storia è questa?»
«Non ho mai sentito niente di simile» aveva detto Margherita, tesa.
Anche Elena aveva abbandonato la sua aria composta e sembrava spaventata. Io continuavo a fissare il disegno con la nausea a rivoltarmi lo stomaco. Mi sembrava che il volto vuoto della strega mi stesse fissando.
Avevo chiuso di scatto il libro e lo avevo rimesso sullo scaffale. «È solo una stupida storia che si racconta per far stare tranquilli i bambini». Avevo sperato che la mia voce non risultasse così incerta. «Non esistono streghe, né mostri, né demoni. Aprite gli occhi ragazze!»
Elena aveva annuito. «Hai ragione. Ci siamo fatte suggestionare.»
Laura e Margherita si erano lasciate trasportare da noi. «Sì, saranno stati i ragazzi più grandi a scriverle così da spaventarci. Ma per chi ci hanno preso?»
Ci eravamo avviate alla porta dalla biblioteca sparlando male dei ragazzi delle medie e di quanto fossero infantili. Mentre imboccavamo l’uscita per andare al bar, mi ero girata una sola volta per guardare il punto dove avevo messo il libro.
 Un brivido mi aveva attraversato le ossa, ma non gli avevo dato retta ed ero ritornata sui miei passi. Ero convinta che non avrei mai più rivisto quel libro, e così fu. Con gli anni mi sono dimenticata della sua esistenza.
Me ne sono dimenticata fino a quando, di ritorno da scuola, non ho scoperto che un’altra donna aveva preso il posto di mia madre.