SACRIFICIO

Racconto in concorso

SACRIFICIO

Di Maria Novella Todaro

Astrid teneva la fronte appoggiata al vetro e guardava giù: il buio era spezzato dai led pubblicitari e dai fari, le auto sfrecciavano veloci e gli uomini sul marciapiede si muovevano in fretta.

Era arrivata da poco e si era sistemata in camera, dopo un viaggio solitario in cui aveva finito di raccogliere immagini e sensazioni da riportare al Re. Quella che stava guardando adesso era l’ultima scena prima della riconsegna del mattino seguente.

Rimase in piedi appoggiata alla finestra ancora qualche istante, aspettando di capire la particolarità di ciò che osservava. Incamerò il dato dentro di sé, come un ulteriore chip-ricordo; mentre continuava a guardare decise di getto di amplificare la percezione infra-costale: lo fece perché dagli uomini in strada emanava qualcosa che negli ultimi tempi aveva avvertito in modo sempre più netto. Percepiva un’uniformità infelice in cui la ricchezza della diversità che, secondo il suo compito, da tanto tempo riportava al Re, piano piano si era persa. Avrebbe voluto caprie perché.

Astrid continuava a fissare il marciapiede; tamburellava con le dita il piano della scrivania e, d’improvviso, avvertì con chiarezza qualcosa: da quelle persone saliva un grido di dolore, a loro sconosciuto, per una sopraffazione che subivano ma di cui non si accorgevano. C’era un’ombra nera invisibile che le avvolgeva come le vittime di un sacrificio inconsapevole; Astrid, invece, poteva vedere e sentire e questo la ferì. Si scostò di botto dalla finestra e si concentrò per non perdere quell’istante di consapevolezza così netto e doloroso, affinché restasse inciso nella memoria visiva. Chiuse gli occhi e ascoltò le proprie capacità riconsegnarle altri momenti passati, in cui la sensazione era stata la stessa ma meno chiara. Rivide dentro sé gli uomini ascoltare notizie allarmanti sempre più attoniti e spaventati; li vide in fila partecipare

a un Rito offerto come salvezza da chi invece aveva cercato la destabilizzazione e contribuito alla loro fragilità.

Astrid trovò nelle memorie anche il riflesso della propria solitudine: si vide fuori da quella fila, a cui aveva potuto sottrarsi solo grazie al suo legame col Re, insieme a pochi altri, che guardavano come lei una partecipazione generale impossibile da fermare. Era sembrato quasi a tutti che, finalmente, fosse possibile un’uniformità senza litigi, in nome di un bene collettivo indiscutibile: invece Astrid sentiva la sofferenza e non la pace, nascosta nella massa in movimento sotto la sua finestra e lesse ancora dai chip-ricordo quanto l’ombra scura fosse aumentata col passare del tempo.

Pensò che questa riconsegna sarebbe stata complessa; stavolta i suoi chip aperti davanti al Re avrebbero per forza mostrato quel nero. Chissà quale sarebbe stata la reazione di lui, cosa avrebbe restituito al centro infra-costale di Astrid che, attraverso gli occhi, si sarebbe svuotato nella casa del Re il mattino successivo.

***

Il giorno dopo Astrid uscì presto, l’aria era fresca e la luce bianca. Si diresse a piedi verso la grande casa del Re, osservando le pietre della sua vecchia città.

Astrid non aveva nulla con sé, nemmeno una borsa; ciò che doveva consegnare al Re era tutto dentro di lei, nei chip-ricordo delle sue memorie visive fuse con le sue percezioni. Avrebbe solo dovuto stare di fronte al Re affinché tutto si svelasse e lei potesse consegnargli ogni spazio o incontro, ogni sensazione raccolti nell’ultimo anno.

L’interno della casa era come sempre: grande, silenziosa, vuota. Era in penombra, la luce entrava dalle finestre altissime e formava grossi scacchi sul pavimento a mattoni, sfiorando le panche di legno ai lati. Aspettò e la penombra la coprì, dilatando però il

suo campo visivo, che rese la sua vista e i suoi chip-ricordo subito brillanti. Sorrise, perché se lo aspettava, sapendo che le accadeva solo lì, nella casa del Re.

Vide la piccola luce rossa, in fondo e si incamminò per raggiungere il Re che l’aspettava, come sempre. Ascoltò risuonare i propri passi nel vuoto e le parve che quel rumore ritmato ripetesse il suo battito infra-costale, tanto era accelerato. Di fronte alla piccola luce si inginocchiò, in silenzio, con le mani sul petto. C’era la poltrona di velluto verde nel solito punto, di fronte al Re. Si sedette lentamente, appoggiò la schiena e distese le braccia; alzò gli occhi verso il Re, guardò la sua luce e attese.

Arrivò subito, come ogni volta, l’onda di calore che la ricoprì con un urto solido e dolcissimo, che era, insieme, dono e richiesta. Astrid ascoltò il Re dentro di sé, chiuse gli occhi e rispose, lasciando andare i chip-ricordo. Subito si sentì abbracciare in un vortice di calore e svuotare ma con attenzione, mentre riapriva piano gli occhi e vedeva, proiettate sulle grandi pareti della casa, le immagini che aveva tenuto per un anno dentro di sé, i suoi incontri, i suoi ricordi. Risentì odori e suoni, parole e emozioni che aveva accuratamente raccolto; accadeva senza strappi, come se tutto fosse osservato con cura e tenerezza, che lei percepiva al centro di quel film straordinario.

Astrid sapeva che il Re agiva così, sapeva quanto amore le restituisse ogni volta, accogliendo quel che lei portava ma le sembrò che, quella mattina, la sua onda affettiva fosse più potente; si trovò a rispondergli con tutta l’intensità che poté, lasciando scivolare da sé ogni minima visione senza alcuna resistenza. Immediatamente il Re le rispose: le immagini sulle pareti si fecero più nitide e Astrid poté sentire quanto lui ascoltasse ciò che lei aveva raccolto, con che gratitudine.

Astrid capì immediatamente che il Re non solo aveva visto l’ombra e i suoi effetti ma che annullava di continuo quel colore scuro, riportando gli uomini alla purità originale. Aveva ascoltato arrivare nel proprio centro infra-costale, il cui battito era

improvvisamente accelerato, la forza del Re e lo aveva sentito prendere quell’oscurità e dissolverla, con un movimento generoso e dolente.

Era un sacrificio che Astrid condivise subito attraverso il proprio battito: mentre il Re agiva purificando gli uomini dall’ombra, i suoni si spensero e le pareti si tinsero di rosso. L’azione silente del Re dissolveva via via l’oscurità dai chip-ricordo e le immagini e i suoni tornavano originali, per la luce e il colore, attraversando il tempo a ritroso fino a raggiungere gli uomini e a renderli di nuovo lucenti sulle pareti, in quel momento passato e contemporaneamente presente.

Astrid avrebbe voluto fare di più, avvicinare il Re, toccarlo per accompagnare ancora la sua opera salvifica ma non poteva, poteva solo offrire il proprio battito presente.

Sapeva che il Re le stava chiedendo questo e capì, in quel momento come mai, che aveva necessità di ciò che lei gli riportava ormai da secoli, per agire sul tempo umano, intersecando il passato e il presente e annullando il nero che si apriva dai suoi chip-ricordo.

Sarebbe bastato il gesto sanante del Re anche per cancellare l’ombra e il dolore inspiegabile degli uomini della sera prima? Si chiese Astrid avvertendo in sé l’uscita dell’ultimo chip-ricordo.

Di colpo, infatti, apparvero sulla parete il marciapiede, le luci, le persone e l’ombra scura che le copriva. Astrid lasciò andare il proprio sgomento per quegli uomini apparentemente compiuti e, d’impeto, fuse il loro dolore inconsapevole col proprio, che invece era nitido. Risentì il gelo, invece che il calore, seguire al Rito che prometteva vita e salvezza ai tanti uomini aderenti, gli stessi che camminavano veloci. Astrid provò un dolore fortissimo e sentì il centro infra-costale incrinarsi: abbassò gli occhi e vide la tuta macchiata di rosso sul petto.

In quell’istante accadde qualcosa di imprevedibile: la luce del Re aumentò d’intensità e la invase, avvolgendola in una spirale senza precedenti. Astrid di colpo sentì aumentare la propria richiesta di libertà e vita per quegli uomini; era anche quello che il Re voleva e che stava condividendo con lei. Percepì, da parte del Re, un desiderio di

salvezza totale che amplificava il suo; Astrid lo sentì in un vortice di calore che filtrava all’interno della ferita infra-costale sul petto. Non provava dolore nonostante il sangue, ma pensò che quel taglio non si sarebbe mai più richiuso.

Accadeva una novità assoluta: il Re poteva intaccare il presente degli uomini solo se Astrid glielo porgeva in quel momento, se lasciava diventare il suo corpo un ponte fra presente e passato, a cui il Re poteva appoggiarsi per agire. Non era mai successo prima e Astrid capì che tale novità nasceva dalla sera precedente: lei per prima aveva accolto il dolore degli uomini in quell’oscurità, per portarlo al Re.

Il Re parlò e disse che era stato molto importante ascoltare da Astrid la percezione del sacrificio di tutti quegli uomini e che le era grato. Non gli era possibile combattere da solo — disse — aveva bisogno degli uomini, era questo il patto iniziale della sfida. Un lungo cammino li aveva portati, però, ad allontanarsi dal Re. I viaggi e i ritorni di Astrid attraverso i secoli erano serviti a tenere almeno un filo nel tempo fra loro e il Re. Gli uomini, a causa di questa lontananza — disse — avevano ceduto senza consapevolezza all’ombra, che Astrid aveva svelato. Lui adesso avrebbe mutato il loro sacrificio in salvezza, poteva annullare l’azione del nemico attraversando il tempo a ritroso. Lei ascoltò tutto ad occhi chiusi perché la luce era troppa; quando la voce tacque, si accorse che non poteva più trattenere le lacrime. Lasciò che la ferita infra-costale si allargasse, aprendole il petto, per far entrare l’onda affettiva del Re che aumentava istante per istante. Finalmente sentì annullata la propria solitudine: aprì gli occhi e seppe, fra le lacrime, che non sarebbe più ripartita, mentre l’abbraccio del Re la teneva, dentro il tempo ormai senza fine.