IL MANDORLO IN FIORE

Racconto in concorso

IL MANDORLO IN FIORE

Di Giorgio Lorusso

Un tempo lontano, una fanciulla di nome Mennula viveva con la sua famiglia, il padre Prunus

e la madre Dulcina, coltivando i campi.

I genitori le diedero quel nome perché aveva il viso ovale e gli occhi allungati, ovali e marroni, come una mandorla.

Com’era graziosa, un piccolo frutto del loro grande amore che sarebbe cresciuta tra il loro affetto e le loro coccole.

La dondolavano a turno sull’altalena, facendola arrivare in alto, sempre piu in alto, quasi fino a toccare il cielo con i piedi.

Mennula se la rideva ed erano contenti anche loro.

Poi, scivolava beatamente sullo scivolo, una scivolata dopo l’altra.

Passava cosí il tempo.

Mennula, così, cresceva, snella e longilinea, felice e leggiadra come una libellula.

Correva a perdifiato sulla terra, nei campi, coi capelli lunghi e castano chiaroscuro al vento; mentre la madre Dulcina la chiamava lei saliva sugli alberi, non c’era verso di stare ferma, era come una cavalletta.

La madre le diceva di non correre troppo sennó si sarebbe stancata, ma lei diceva che le faceva bene, si sentiva bene, si sentiva libera e fremente, tra la natura circostante.

Lei era preziosa come un diamante, anzi, anche di piú.

Preziosa come il sale che insaporisce e come lo zucchero e il miele che addolciscono le pietanze.

Il sole risplendeva nei suoi occhi color marrone mandorla.

Il padre coltivava la terra con la moglie, e anche la figlia dava loro una mano.

La coltivavano con gran cura, rispettando i tempi della natura.

Nell’orto c’erano tante qualità di ortaggi di stagione: in autunno c’erano le zucche, le bietole e le patate, in inverno le cipolle, finocchi e carciofi, in primavera, asparagi, fagioli e altri legumi e in estate fior di zucca, zucchine, peperoni, pomodori.

Tutte cose genuine che la natura offre loro, seminando bene, nasce e cresce il bene.

Queste cose genuine le gustavano con piacere.

Gustando ringraziavano la natura, dei loro frutti e il Signore.

I prodotti della loro terra li portavano anche al mercato.

Tutti a fare la spesa da Prunus e la sua famiglia, anche il cuoco del re Giglio che cucinava egregiamente quella buona mercanzia, esaltandone il sapore; il re apprezzava molto.

«Buoni tutti questi ortaggi, Agenore (questo era il nome del cuoco).»

«Lo so», disse Agenore, «io scelgo solo cose buone e raffinate per la mia cucina».

«Appunto», disse il re, «mi gustano molto i loro prodotti e vorrei sapere di piu su di loro».

«Be’, l’ortolano si chiama Prunus e la moglie Dulcina e coltivano con amore e gran cura i loro campi. Ah, hanno anche una figlia di nome Mennula», disse Agenore.

«Ah, bene, vorrei ringraziarli personalmente, in quanto alla figlia crescerà bene, sana e forte, con tutti quei buoni prodotti terreni, starà in buona salute, anche se non è che importi molto, non essendo del nostro rango, ma una popolana, altrimenti poteva andare bene per Primulo…»

Primulo era il figlio del re, il principe. L’avevano chiamato cosí perché appunto era il primo.

Sentendo questo la moglie, la regina Margherita, s’infurió: «Come puoi dire questo, Giglio? Quello che conta è l’amore e volersi bene».

«È cosí, penso che la pensi anche tu cosí, Primulo», disse il re.

Primulo che stava gustando la minestra di patate, cipolle e cicoria, disse: «E chi lo sa, se mi piace e mi trovo bene con lei, con quella persona, non vedo che c’é di male…»                                                                                                                                                    

«Bene, Primulo», disse la madre, la regina Margherita.

«Ma che bene», disse il re Giglio, «non va per niente bene».

Il principe uscí, per non far andare per le lunghe la cosa.

Il re riprese la discussione col cuoco, dicendo di chiamare Prunus per ringraziarlo personalmente.

«Va bene, re Giglio», disse Agenore, «sarà fatto».

Il cuoco Agenore si avvió sul suo asino, verso la strada per andare a casa dell’ortolano.

Il principe Primulo che aveva sentito tutto, gli andó dietro col suo cavallo.

Agenore arrivó a casa di Prunus, l’ortolano, seguito da Primulo che si nascose per non farsi vedere.

Agenore scese dall’asino e bussó alla porta di casa di Prunus che stava riposando.

La moglie Dulcina faceva alcune faccende domestiche.

Aprí la porta, Mennula.

Appena la vide, Primulo rimase affascinato da tanta grazia.

«Buonasera», disse Mennula.

«Buonasera, sono Agenore, il cuoco di re Giglio», disse lui.

«Sì, ti ho riconosciuto, vieni sempre a fare la spesa da noi, al mercato.»

«Bene, infatti la vostra mercanzia è ottima e a questo proposito il re vuole invitarvi a castello,

per congratularsi con voi.»

«Mamma hai sentito?» disse Mennula. «Il re ci ha invitato a castello.»

«MA CHE BELLA NOTIZIA», disse la madre, facendo svegliare il padre Prunus.

«Ma che succede?», disse Prunus.

«Il re ci ha invitato a castello», disse Mennula

«Ma che bello», disse Prunus, «andiamo subito, non bisogna far aspettare, certi inviti capitano una volta sola».

«Da quanto ho capito, verrete», disse Agenore.

«Certo che verremo, perché potevamo rifiutare?»

«No di certo», disse Agenore.

«Sì, ma non vorrete venire col vostro carretto?»

«Perché, cos’ha che non va?», disse Prunus

«Niente, ma non vi preoccupate verrete scortati con grandi onori, in carrozza», disse Agenore.

«A domani.»

Prunus e la sua famiglia attendevano con inpazienza la carrozza reale.

Mennula era fuori casa a pensare all’indomani.

Intanto, il principe Primulo che era tra i cespugli, uscí fuori e si presentó.

«Salve, sono il principe Primulo», inchinandosi davanti a Mennula che rimase sbalordita.

Al principe piaceva molto Mennula, con quei suoi occhi a mandorla.

Anche a Mennula, piaceva Primulo, per quell’aspetto fiero e valoroso, era un gran piacimento…

Era il Primulo.

Quante visite inaspettate in un giorno solo!

Primulo e Mennula fecero una paseggiata e chiacchierarono amichevolmente e piacevolmente.

Poi Primulo la salutó e se ne andó, in groppa al suo cavallo bianco: «Ci vediamo domani».

«A domani», disse Mennula, col suo sguardo incantato e incantevole.

Arrivó il giorno dopo e arrivó la carrozza a prenderli.

Il re Giglio, li accolse con grande giubilo.

La regina Margherita diede dei fiori, tra i loro dei più, belli a Dulcina e Mennula.

Il re Giglio parló con Prunus.

Primulo guardava Mennula e anche lei ricambiava i suoi sguardi.

Il principe Primulo voleva bene a Mennula e anche lei a lui.

Lui ammirava la semplicità di Mennula, i suoi modi garbati di dire e di fare.

Dichiaró al padre Giglio l’intenzione di sposarla e chiese a Prunus la mano di sua figlia.

Prunus accettó ben volentieri, il re non tanto, ma dovette accettare, alla fine, per quieto vivere,

per star bene con la moglie, la regina; in fondo si volevano bene ed erano garbati e di buoni valori tutti e due.

Si sposarono ben presto al castello, con grandi festeggiamenti.

Il loro era un grande amore, andava tutto bene, ma si sa: troppo bello per essere così.

Una strega non poteva vedere un amore così grande.

Era la strega Malaspina che per i suoi poteri magici veniva sempre lasciata dai suoi amanti, per questo rimaneva sempre sola; a ogni capriccio, li trasformava, gli faceva qualche incantesimo.

Era invidiosa, ma così invidiosa che trasformó il principe Primulo in un fiore e Mennula in un mandorlo che in primavera sbocciava di tanti fiori bianchi e rosa.

Il re e la regina, Prunus e Dulcina, non sapevano cosa fare.

Prunus ricordó che qualcuno gli aveva raccontato che con una spina di rosa si puó far cadere in un sonno, mentre col miele di rosa la puo far risvegliare.

Punsero allora la strega e le dissero che se non avesse liberato i due non le avrebbero dato l’antidoto.

La strega dovette cedere e ritrasformó Mennula e Primulo.

Le diedero il miele di rosa e la strega che dormiva si risveglió e se ne andó da quel paese e da quel regno.

Mennula e Primulo piantarono insieme al re Giglio, alla regina Margherita, Prunus e Dulcina, alberi di mandorlo e tante primule.